Ritorna il FOTOGRAFIA – Festival Internazionale di Roma al MACRO di via Nizza 138, dal 9 ottobre al 17 gennaio. Il tema della prossima edizione sarà il presente.
In un mondo in costante e repentina accelerazione, la pratica fotografica – i cui meccanismi di produzione e di distribuzione sono ormai pressoché immediati – si presenta come arte privilegiata per fissare e definire il presente, per osservarlo e per delimitarne i confini. Delimitare il presente significa innanzitutto separarlo e astrarlo dalle limitazioni temporali che lo minacciano, peraltro già fortemente indagate, e rivolgere lo sguardo invece a quell’istante infinito capace di auto-rappresentarsi e di auto-determinarsi.
Spogliando quindi la fotografia tanto della nostalgia legata al ciò che è stato, quanto dell’ansia provocata dalle trasformazioni del domani, emerge un tempo dell’esperienza che è quello proprio del sentire e del vivere. Riflettere su questo tempo presente significa quindi guardarsi intorno e comprendere lo spazio che ci circonda, sorpassare la retorica del momento decisivo e rivolgersi a quest’oggi irripetibile, posizionarci al centro di questo universo e indagarne i legami che costruiscono il mondo come noi oggi lo percepiamo, lo osserviamo e quindi lo viviamo.
La pratica fotografica ci restituirà gli strumenti, grazie a quella sua capacità di isolare e mettere in cornice che Edoardo Albinati sottolineava nella prefazione della prima edizione del Festival: «Nata come replica del già evidente, della realtà che si suppone “data”. la fotografia oggi presenta nelle sue opere la più marcata consapevolezza di cornice estetica, cioè quello scarto, quel dislivello percettivo che isola uno spazio indicandolo come luogo della raffigurazione, senza avere per questo dismesso il compito testimoniale. […] Ma è sopratutto la capacità di isolamento e concentrazione che la fotografia esprime oggi al massimo grado tra le arti visive. Intendo dire quel “mettere in cornice” che è un prerequisito di ogni visione e che solamente può garantirci di compiere una effettiva esperienza, un’esperienza di qualcosa. In mezzo alla miriade innumerevole delle percezioni, che costituiscono l’universo comunicativo nella cui nube siamo avvolti e che finisce per nasconderci non meno di quanto ci nasconda le cose, la fotografia isola e magnifica il suo dato mettendolo in cornice, creando cioè quello scalino quella differenza per cui il dato si rivela per noi, nel suo fulgore e noi veniamo rivelati, cioè liberati da quella nube di interferenze comunicative che a sua volta ci rendeva indistinti, confusi, non reali».