«Più veloce d’un cuore / ahimè, cambia la forma d’una città», scriveva già Baudelaire. Ma non aveva ancora visto niente. Le grandi città di oggi bruciano di continuo, per ogni volta rinascere dalle proprie ceneri. Ma se questo bastava a dannare la memoria di quell’Imperatore che, secondo la leggenda, poeticamente s’ispirava alla vista delle fiamme, oggi i fuochi delle ristrutturazioni sono all’ordine del giorno. Magari non alla lettera, com’è invece avvenuto nel quartiere romano del Pigneto al Bar Necci, per ben due volte dato alle fiamme da ignoti, nel 2009 e nel 2013. Luogo storico soprattutto per essere stato il quartier generale dei “sopralluoghi” di Pasolini in vista dei romanzi Ragazzi di vita del 1955 e Una vita violenta del ’59; e poi, nel ’61, del suo primo film (che resterà il suo più bello): Accattone.
In Empirismo eretico, raccolta di saggi pubblicata nel ’72 raccogliendo pagine del decennio precedente, spiegherà Pasolini come il cinema sia strutturalmente governato da una legge che lo rende unico fra tutte le arti. Le immagini che vediamo scorrere sullo schermo erano infatti state prefigurate da chi il film a suo tempo aveva ideato, sognato, “scritto”; la sceneggiatura è una scrittura-figura (nel senso medievale messo a fuoco da Auerbach), una «struttura», dice Pasolini, che «vuol essere altra struttura»: e che, non sempre ma il più delle volte, finisce per diventarla davvero. Ma è vera altresì la reciproca. E a ritroso, se il cinema è unico, lo è in quanto doppio: vista sempre seconda in quanto serba, più o meno profonda, l’impronta di quella passata prefigurazione.