Anche se vorremmo che non fosse così, questa non è l’epoca della poesia. Viviamo in un’epoca di bombardamenti. Onde gigantesche si infrangono, i fiumi esondano, le foreste bruciano, le pestilenze si abbattono. Cerchiamo la metafora e invece siamo inondati da versioni della moralità che fanno pubblicità ai prodotti; i supereroi vendono mega merchandising. Le labbra di collagene hanno sostituito i nostri santi e consumiamo sempre di più nella speranza di sentirci pieni, sazi, curati, sicuri.
Su questo palcoscenico sale un attore, non bello o particolarmente carismatico, ma che ipnotizza con convinzione, e noi abbiamo così paura di noi stessi che temiamo l’altro, qualsiasi “altro”… Amico o nemico, chi ha tempo o la capacità o il desiderio di distinguere il bene dal male? Abbiamo solo bisogno che sia forte, che anneghi il suono delle nostre pance vuote e l’assillante verità che siamo pedine in un gioco che non abbiamo mai imparato a giocare.
BRINK è la nuova pubblicazione di Punctum delle fotografie di David Butow che documentano gli scontri del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Stati Uniti. Ciascuna delle potenti immagini di Butow conferma l’adagio secondo cui un’immagine vale più di mille parole. Eppure, nel loro insieme, le 100 fotografie a colori che compongono BRINK possono lasciare a bocca aperta anche lo spettatore più convinto. BRINK è un importante corpus di immagini, una testimonianza storica del potere dei miti. Miti di grandi Paesi, di democrazie e di altre strutture politiche assortite, di pesi e contrappesi, di elezioni che non sono né giuste né libere.
Come una commedia tragica che non fa ridere, BRINK è diviso in tre “atti”: il primo atto è costituito da immagini di stanze di motel e case della classe media nei mesi precedenti le elezioni presidenziali americane del 2016. (Le vite passate in mezzo al riconoscimento del marchio contribuiscono a spingere un candidato ad emergere sugli altri. Le immagini sobrie ma avvincenti di Butow preparano la scena per ciò che verrà dopo.
Nel secondo atto, il buffone di corte diventa re e lo scherzo è su di noi. Tutti noi. Butow si avvicina agli organi di potere e noi percepiamo che il meccanismo funziona come previsto: i giornalisti riferiscono, i sostenitori applaudono, i ragazzi con le cravatte a righe stanno dritti mentre si comportano male… i veri credenti continuano a credere, perché è questo che significa essere americani, giusto?
Poi i simboli crollano e siamo nel terzo atto, quando l’attore principale si rifiuta di scendere dal palco. Proprio come fece Robert Frank negli anni Cinquanta, Butow gira il suo obiettivo verso i cittadini medi e rivela le nostre paure e la nostra rabbia, che si tratti di manifestanti, di uomini fieri, di Proud Boys o di giovani urlanti che si oppongono alla polizia sotto la pioggia. Le bandiere diventano armi, o forse lo sono sempre state. Butow è il nostro testimone della tensione crescente, e le sue immagini della folla massiccia che ha marciato verso il Campidoglio e ha violato il perimetro sono documenti dinamici di quel giorno pericoloso. Qualcuno ha dato un calcio al nido di vespe e siamo grati a Butow per aver rischiato di farsi pungere, in modo da poter vedere l’aspetto della rabbia e la forza che un ego sfrenato può scatenare.
Siamo anche molto fortunati che Butow sia un forte creatore di immagini. Il fotogiornalismo è un genere speciale di fotografia e, nel caos di questi momenti, Butow dimostra abilità con la sua attenzione alla composizione e l’apprezzamento per il colore. Le situazioni che documenta sono sempre più cariche di tensione, fino a diventare pericolose, eppure Butow rimane un professionista consumato, capace di navigare in una situazione senza precedenti e di produrre immagini pittoriche che resisteranno alla prova del tempo.
I succinti saggi di Mark McKinnon (“I segnali d’allarme erano abbondanti”) e Cecilia Emma Sottilotta (“I punti di vista della democrazia in pericolo”), nonché un epilogo scritto dallo stesso Butow, costituiscono una lettura degna di nota se si è inclini alle parole. Tuttavia, le potenti immagini di Butow di scene di potere non richiedono spiegazioni. Come ha esclamato un recente spettatore dopo aver assorbito tutto ciò che BRINK ha da offrire, “Non ne avevo idea!”. Forse queste quattro brevi parole sono il più grande complimento che si possa fare.
La recensione è stata tradotta in Italiano e appare originariamente su PhotoBook Journal a firma di Melanie Chapman
David Butow, BRINK
152 pagine | pages; 100 fotografie | photographs
Stampato in Italia su carta di semi-mat di altissima qualità | Printed in Italy on extra premium semi-mat paper
30 x 24cm | 11×8 inches
Copertina rigida con stampa a caldo | Embossed Hardcover with stitched binding